Doppia chiave

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La doppia chiave della firma digitale

di Giusella Finocchiaro


Le disposizioni sulla sottoscrizione del documento informatico raccolte nel testo unico riproducono sostanzialmente quelle emanate nel ’97.
L’esigenza di una normativa in materia è stata avvertita soprattutto dalla pubblica amministrazione per la trasmissione degli atti nell’ambito della sua rete unitaria.
Un sistema di cifratura che si basa su una coppia di codici


Alla firma digitale sono dedicati gli articoli da 22 a 29 (capo II, sezione V) del testo unico sulla documentazione amministrativa. L'esigenza di una nuova normativa su documento informatico e firma digitale fu originariamente avvertita dalla pubblica amministrazione, per la trasmissione di documenti informatici soprattutto nell'ambito della sua rete unitaria. Le disposizioni emanate, tuttavia, hanno carattere generale e si applicano anche ai rapporti fra privati.
La normativa - Le norme su firma digitale e documento informatico riproducono quelle del Dpr 10 novembre 1997 n. 513 (Regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, a norma dell'articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997 n. 59). Il principio che ne sta alla base è quello della piena validità e rilevanza a tutti gli effetti di legge delle rappresentazioni informatiche, affermato dall'articolo 15, comma 2, della legge Bassanini 1. Questa dispone che «gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici e telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge». L'attuazione di questo principio generale è stata demandata a specifici regolamenti.
Il Dpr 513/1997 sceglie la tecnica della firma digitale, fra le molte possibili, e sancisce l'equivalenza fra la firma digitale e la sottoscrizione autografa.
Il regolamento non esaurisce la disciplina della materia, rinviando alle regole tecniche che sono state emanate con il Dpcm 8 febbraio 1999 (Regole tecniche per la formazione, la trasmissione, la conservazione, la duplicazione, la riproduzione e la validazione, anche temporale, dei documenti informatici, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del Dpr 513/1997).
Sono state emanate, inoltre, le regole tecniche in materia di formazione e conservazione di documenti informatici delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 18, comma 3, del Dpr 513/1997, con la deliberazione Aipa 23 novembre 2000 n. 51.
Nel Dpr 513/1997 si rinvia a un'ulteriore regolamentazione, ancora da emanarsi, costituita in particolare dal decreto del ministero delle Finanze sull'assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici e alla loro riproduzione (articolo 4, comma 2).
Con l'espressione «firma digitale» si fa riferimento a una particolare tecnica informatica di validazione o di cifratura dei messaggi, che utilizza un sistema di crittografia a chiave pubblica.
Il meccanismo si basa su due chiavi crittografiche (cioè codici informatici), una pubblica e una privata, che ogni utilizzatore detiene. Ogni documento cifrato con una delle due chiavi può essere decifrato solo con l'altra e la firma apposta con una chiave può essere verificata solo con l'altra.
Il sistema asim
metrico - Questo sistema è detto asimmetrico perché la conoscenza della chiave di cifratura non fornisce alcuna informazione rispetto alla chiave di decifrazione. In particolare, in un sistema a chiave pubblica, viene resa nota una delle due chiavi, quella pubblica appunto, senza che ciò incrini la sicurezza del sistema, dal momento che la chiave pubblica non fornisce informazioni sulla chiave privata. Il sistema, dunque, è computazionalmente sicuro.
Giova precisare, inoltre, che spesso per ragioni di rapidità la firma digitale è calcolata non sull'intero documento, bensì su un estratto del documento stesso, calcolato in maniera univoca e non invertibile. Un processo matematico, denominato hash function, crea una rappresentazione digitale compressa del messaggio, detta message digest o fingerprint. Il risultato della funzione hash è di lunghezza prefissata, solitamente molto più corta di quella del messaggio, ma correlata univocamente a esso. Qualsiasi modifica del messaggio produce un risultato della funzione hash differente. La funzione hash non invertibile (one-way hash function) non consente di risalire al messaggio originale, partendo dal message digest.
La certificazione - La norma in esame prevede anche le cosiddette "chiavi biometriche", cioè tecniche di identificazione dell'utente che utilizzano caratteristiche fisiche personalissime (ad esempio, l'impronta digitale). Un ruolo essenziale, nel sistema di riconoscimento della firma digitale adottato nell'ordinamento giuridico italiano, e delineato dalle disposizioni in esame, è quello rivestito dal certificatore (o Autorità di certificazione). La funzione essenziale del certificatore è quella di garantire la corrispondenza fra un soggetto e la sua chiave pubblica, mediante la certificazione.
Il certificatore è il soggetto pubblico o privato che effettua la certificazione, rilascia il certificato della chiave pubblica, lo pubblica unitamente alla chiave pubblica, pubblica e aggiorna gli elenchi dei certificati sospesi e revocati, mantiene gli elenchi delle chiavi pubbliche. La certificazione consiste nell'attestazione, rilevabile mediante sistemi informatici, che a un determinato soggetto, identificato con certezza, corrisponde una determinata chiave pubblica e nell'attestazione del periodo di validità della chiave.
I certificatori possono essere soggetti pubblici o soggetti privati. Sono inclusi in un apposito elenco pubblico, consultabile per via telematica, predisposto e aggiornato dall'Aipa (Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione).
L'articolo 27 del testo unico (corrispondente all'articolo 8 del Dpr 513/1997), precisa i requisiti dei certificatori privati.
Per quanto concerne i certificatori pubblici, si segnala la circolare dell'Aipa 16 febbraio 2001 n. 27, sull'utilizzo della firma digitale nelle pubbliche amministrazioni (pubblicata a pagina 64).
Ai fini della sottoscrizione di documenti informatici di rilevanza esterna le pubbliche amministrazioni possono anche svolgere in proprio l'attività di certificatori, ma limitatamente ai propri organi e uffici, e che hanno l'obbligo di iscriversi nell'elenco pubblico dei certificatori tenuto dall'Aipa.
L'articolo 29 del testo unico (articolo 17 del Dpr 513/1997), dispone che le pubbliche amministrazioni provvedono autonomamente alle operazioni di generazione, conservazione, certificazione e utilizzo della chiavi di competenza.
Questa d
isposizione è stata interpretata dal Dpcm 8 febbraio 1999 nel senso che le amministrazioni possono certificare solo le chiavi dei propri organi e uffici, iscrivendosi nell'elenco pubblico dei certificatori, oppure possono avvalersi di certificatori privati o del centro tecnico.
Il certificatore deve attestare la validità del certificato e procedere alla gestione e, soprattutto, al tempestivo aggiornamento della lista dei certificati sospesi e revocati, la cosiddetta "Crl" (Certificate revocation list).
Per revoca del certificato si intende l'operazione con cui il certificatore annulla la validità del certificato non retroattivamente. Ciò può accadere su richiesta del titolare della chiave pubblica che non intende più utilizzarla: ad esempio, nel caso in cui la smart card contenente la chiave privata sia stata rubata o nel caso in cui il soggetto che detiene la coppia di chiavi non rappresenti più l'ente per il quale deteneva la chiave.
Per sospensione del certificato si intende, invece, l'operazione con cui il certificatore sospende la validità del certificato per un determinato periodo di tempo.


Certificati, il rompicapo della privacy
I l piano per l'e-government prevede, a regime, il superamento dell'attuale gestione cartacea del sistema della documentazione amministrativa (la cosiddetta "decertificazione"); tuttavia il testo unico non poteva non dedicare alcune disposizioni - contenute nella sezione II del capo III - ai tradizionali strumenti di certezza pubblica, cioè ai certificati.
Disposizioni che, dunque, assumono un carattere transitorio, almeno per quanto concerne l'attività amministrativa, nel senso che sono destinate a essere superate dalla definitiva attuazione dei nuovi istituti giuridico-tecnologici.
Il certificato, così come definito dall'articolo 1 del Dpr in esame, è il documento, rilasciato da un'amministrazione pubblica, avente funzione di ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o, comunque, accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche. La definizione, che include sia le certificazioni proprie che quelle improprie, codifica così la ricostruzione dell'istituto effettuata in dottrina, evidenziando i vari momenti logici dell'attività posta in essere (ricognizione o accertamento da un lato, dichiarazione dall'altro), nonché la funzione della stessa (destinazione alla conoscenza).
Non si ravvisano, nella sezione in esame, particolari novità rispetto al previgente quadro normativo. L'articolo 40 si limita a riprodurre l'articolo 11 della legge 15/1968, confermando la prescrizione secondo cui, per intuibili esigenze di economia, le certificazioni rilasciate da uno stesso ufficio in ordine a stati, qualità e fatti concernenti la medesima persona devono essere contenute in un unico documento. Non sono state recepite, al riguardo, le perplessità sollevate dal Garante per la protezione dei dati personali con il parere reso il 17 settembre 2000, secondo cui l'inserimento in un unico documento di una pluralità di stati, qualità e fatti concernenti una persona rischia di affievolire la tutela della privacy, specie quando il documento debba essere trasmesso e consultato da soggetti che non devono conoscere tutte le informazioni in esso contenute. Non manca nel nuovo testo una precisazione: il cosiddetto "certificato contestuale" ha un senso ed è utile solo qualora le due o più certificazioni debbano essere utilizzate in un unico procedimento amministrativo.
Il successivo artic
olo 41 ripropone, invece, le disposizioni introdotte dall'articolo 2, commi 3 e 4, della legge 127/1997, come modificate dalla legge 191/1998, in tema di validità temporale. Si ribadisce, quindi, che i certificati rilasciati dalle pubbliche amministrazioni hanno, in via generale, una validità di 6 mesi dalla data di rilascio, fatte salve le disposizioni di legge o di regolamento che ne prevedono una superiore. Quelli attestanti stati, qualità e fatti non soggetti a modificazioni (ad esempio, certificato di morte, titolo di studio eccetera), invece, hanno validità illimitata.
A tale ultimo riguardo, una precisazione è doverosa: non possono essere ricompresi nell'ambito dei certificati comprovanti situazioni immodificabili - come generalmente si fa - quelli di nascita, che sono soggetti a variazioni derivanti da riconoscimento, disconoscimento di paternità, adozione eccetera, che influiscono sul cognome dell'interessato.
L'articolo 41 in esame ripropone, ovviamente, pure la norma secondo cui i certificati anagrafici e gli estratti, le copie integrali e le certificazioni di stato civile possono essere utilizzati anche oltre i termini di validità, qualora l'interessato dichiari, in fondo al documento, che le relative informazioni non hanno subito variazioni dalla data di rilascio. Si tratta, come si è esattamente osservato, di una fattispecie mista, a metà strada tra il certificato e la dichiarazione sostitutiva, che segue - almeno in parte - il regime proprio di quest'ultima per quanto riguarda il controllo sulla veridicità e le eventuali sanzioni.

(Vincenzo Martorano)


Fra le altre funzioni del certificatore si ricorda quella di apposizione della cosiddetta "marca temporale", cioè l'apposizione di una sorta di timbro virtuale recante la data e l'ora in cui il documento informatico è stato digitalmente firmato dal certificatore. Un soggetto che voglia assicurare data certa al documento informatico o presentarlo in via telematica a una pubblica amministrazione potrà, quindi, trasmetterlo al certificatore che, a sua volta, dopo averlo digitalmente firmato e dopo avervi apposto data e ora, lo trasmetterà al destinatario.
L'articolo 28 del testo unico (articolo 9 del Dpr 513/1997) dispone circa gli obblighi dell'utente e del certificatore. Il principio generale, contenuto nel comma 1 e successivamente specificato, è che il soggetto che intenda utilizzare un sistema di chiavi asimmetriche ha la grave responsabilità di adottare tutte le misure organizzative e tecniche idonee a evitare danno ad altri. Questa disposizione si riferisce a qualunque soggetto che intenda utilizzare il sistema di chiavi asimmetriche di cifratura, quindi sia al certificatore che all'utente.
L'equivalenza - L'articolo 23 del
testo unico (articolo 10 del Dpr 513/1997), ribadisce l'equivalenza di firma digitale e sottoscrizione autografa. In particolare, dispone che l'apposizione o l'associazione della firma digitale al documento informatico equivale alla sottoscrizione prevista per gli atti e documenti in forma scritta su supporto cartaceo. Condizione di validità della firma digitale è che essa sia stata apposta con una chiave privata la cui corrispondente chiave pubblica non sia scaduta di validità, e non sia stata revocata o sospesa. La revoca o la sospensione hanno effetto dalla pubblicazione.
La firma digitale sostituisce, oltre alla sottoscrizione autografa, anche timbri, punzoni, sigilli, contrassegni e marchi di qualsiasi genere. L'articolo 24 del testo unico (articolo 16 del Dpr 513/1997) sancisce l'equivalenza fra il documento informatico sottoscritto con firma digitale autenticata e la scrittura privata autenticata. L'apposizione della firma digitale davanti al pubblico ufficiale consente di escludere i casi di utilizzazione abusiva della chiave privata, dal momento che il pubblico ufficiale deve previamente accertare l'identità personale del firmatario. Al documento informatico autenticato può essere allegata copia informatica autenticata di documenti originariamente in forma diversa. La presentazione e il deposito del documento informatico presso la pubblica amministrazione sono validi se il documento è digitalmente firmato e munito di marca temporale, già sopra descritta.
L'articolo 25 del testo unico (articolo 19 del Dpr 513/1997) ribadisce la piena equivalenza di firma digitale e sottoscrizione autografa (nonché sigilli, punzoni, timbri, contrassegni, marchi comunque previsti) nei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni.
Occorre al riguardo evidenziare che la firma digitale sostituisce la sottoscrizione autografa ove quest'ultima sia stata prevista dal legislatore per la validità dell'atto. In altri termini, la firma digitale sarà richiesta per ogni documento informatico per il quale la sottoscrizione sia condizione di validità, mentre non sarà affatto necessaria per quei documenti informatici il cui corrispondente cartaceo non richiede la sottoscrizione.
Le pubbliche amministrazioni potranno comunque utilizzare altri metodi di identificazione e di autenticazione, per documenti informatici aventi rilevanza interna o per documenti informatici per i quali non è prevista la sottoscrizione, come conferma, fra l'altro, la circolare dell'Aipa sull'utilizzo della firma digitale nelle pubbliche amministrazioni. Si rammenta, inoltre, che resta comunque in vigore la disposizione di crui all'articolo 3, comma 2, de
l Dlgs 39/1993, che tuttavia riguarda i documenti predisposti attraverso sistemi informativi automatizzati e quindi stampati, e che prevede che la firma autografa sia sostituita dall'indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile.


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Ultimo aggiornamento: 16 febbraio 2002