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GLI APPROFONDIMENTI


LE PAROLE CHIAVE

VECCHIE E NUOVE CERTEZZE PUBBLICHE


LE PAROLE CHIAVE

a cura di Marco Bombardelli

Ricercatore di Diritto Amministrativo presso l’Università di Trento

 

Che cosa si intende per “autocertificazione”?

Inteso nel suo significato più generale, il termine "autocertificazione" definisce un insieme di istituti introdotti e disciplinati in origine dalla legge n. 15 del 1968, i quali consentono al cittadino di sostituire un atto amministrativo di certezza con una propria dichiarazione. In senso lato, la legge n. 15 del 1968 prevedeva tre tipi di “autocertificazioni”, ovvero le dichiarazioni sostitutive di certificazione, le dichiarazioni temporaneamente sostitutive di certificazione e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà. Il d.P.R. n. 403 del 1998 ha abrogato le dichiarazioni temporaneamente sostitutive di certificazione, delle quali dunque non c’è più traccia nemmeno nel Testo Unico. Per questo, il termine “autocertificazione” indica oggi, in senso stretto, le dichiarazioni sostitutive di certificazioni, disciplinate dall’art. 46 del Testo Unico, che consentono al cittadino interessato di sostituire a tutti gli effetti ed a titolo definitivo, attraverso una propria dichiarazione sottoscritta, certificazioni amministrative relative a stati, qualità personali e fatti. In un’accezione più ampia del termine, ad esse vanno aggiunte le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, di cui si dirà più avanti.

Che cos’è la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà?

L’art. 47 del Testo Unico prevede che l’atto di notorietà riguardante fatti, stati e qualità personali, a conoscenza dell’interessato, può essere sostituito da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. Questa dichiarazione si differenzia da quella descritta nell’approfondimento precedente per il fatto che con il ricorso ad essa l’interessato non sostituisce una certificazione, ma un atto di notorietà, che appartiene alla categoria delle verbalizzazioni. In origine, la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà andava firmata davanti al funzionario competente a ricevere la documentazione o ad un notaio, cancelliere, segretario comunale o altro funzionario incaricato dal Sindaco o dal legale rappresentante dell’impresa esercente pubblici servizi, i quali procedevano all’autenticazione con le modalità di cui all’art. 20 delle legge n. 15 del 1968, ora riportate all’art. 21 del Testo Unico. Quest’ultimo ha mantenuto fermo l’obbligo di autentica soltanto nel caso in cui la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà sia diretta ad un privato. Nel caso di presentazione ad una pubblica amministrazione, invece, la dichiarazione sostituiva può essere presentata senza più autentica della sottoscrizione, semplicemente firmando in presenza del dipendente addetto oppure allegando la fotocopia di un documento di identità.

Che cos’è l’autentica di firma?

L’autentica della firma è un atto amministrativo, redatto in calce alla dichiarazione sostitutiva, con cui il pubblico ufficiale attesta che la sottoscrizione appartiene effettivamente al dichiarante ed è stata apposta da quest’ultimo in sua presenza, previo accertamento della relativa identità.

Che cosa è la “dichiarazione antimafia”?

La legislazione antimafia (legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni; d. lgs. 8 agosto 1994, n. 490) prevede una serie di cause di decadenza, divieto, sospensione per i privati che intendano instaurare certi tipi di rapporto giuridico - quali la stipulazione di contratti o la concessione di erogazioni - con la pubblica amministrazione, con gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato, con le società e le imprese controllate dallo Stato, con i concessionari di opere pubbliche. Viene previsto che l’assenza di tali cause di decadenza sia comprovata con idonea documentazione.

Per semplificare i procedimenti relativi al rilascio di tale documentazione è stato adottato il d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252. Tale regolamento prevede che in alcuni casi la documentazione non debba più essere presentata, né acquisita dai soggetti interessati. (art. 1, comma 2). Per altri casi viene disposto che la documentazione antimafia debba essere acquisita necessariamente attraverso informazioni scritte del Prefetto della Provincia in cui ha sede il soggetto che richiede la documentazione (art. 10). In tutti gli altri casi viene previsto che la comunicazione del Prefetto, originariamente prevista come la regola, diventi un’ipotesi residuale e possa essere sostituita da comunicazioni in via telematica (art. 4), da certificazioni o attestazioni delle Camere di commercio (art. 6) o da autocertificazioni (art. 5).

Tali autocertificazioni non sono state inserite nella disciplina del Testo Unico, essendo già disciplinate da una normativa apposita. Si tratta di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, con cui l’interessato dichiara la non sussistenza nei suoi confronti delle cause di decadenza, di divieto o di sospensione previste dalla normativa antimafia. Come per le altre dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, per esse è prevista l’abolizione dell’obbligo di autentica, a condizione che vengano sottoscritte in presenza del dipendente addetto oppure inviate allegando la fotocopia del documento di identità.

Che cos’è l’autentica di copia?

L’autenticazione della copia consiste, ai sensi del­l’art.18 del Testo Unico, nell'attestazione di conformità con l'originale scritta alla fine della copia dal pubblico ufficiale autorizzato. Nell’autentica questi deve indicare la data e il luogo del rilascio, il numero dei fogli impiegati, il proprio cognome e nome, la qualifica rivestita nonché apporre la propria firma per esteso ed il timbro dell'ufficio. La copia può essere ottenuta soltanto da un documento originale e pertanto non possono essere fatte copie autentiche da documenti diversi dagli originali. La copia autentica tiene luogo dell’originale a tutti gli effetti previsti dalla legge. La legge n. 15 del 1968 prevedeva l’autenticazione di copia come un procedimento tipico, di competenza dell’amministrazione e non sostituibile con una dichiarazione dell’interessato. Il Testo Unico prevede invece, all’art. 19, che l’interessato, pur non potendo autenticare da sé la copia di un documento, possa però dichiarare la conoscenza del fatto che la copia di un documento conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione, di un titolo di studio o di una pubblicazione, è conforme all’originale formando così un atto che nei confronti delle pubbliche amministrazioni vale come una copia autentica.

Chi sono i gestori di pubblici servizi?

Nel nostro ordinamento si parla di servizio pubblico per indicare attività di oggettivo rilievo pubblico - ovvero svolte nell’interesse generale e regolate almeno in parte dal diritto pubblico - che però non sono di esclusiva pertinenza della pubblica amministrazione e possono essere esercitate da altri soggetti, anche privati. Gli esercenti di pubblici servizi possono quindi essere soggetti diversi dalla pubblica amministrazione, che assumono tale ruolo a seguito del rilascio di una concessione amministrativa o con altra modalità idonea (ad es. costituzione di una società per azioni a prevalente partecipazione pubblica). Questi soggetti, comunque configurati (concessionari di pubblici servizi, imprese di gestione di pubblici servizi, aziende che producono servizi di pubblica necessità e di pubblica utilità, istituzioni, ecc.), si caratterizzano dunque per lo svolgimento di un’attività di rilievo pubblico, che può andare dall’assistenza sanitaria, alla fornitura di un servizio di trasporto pubblico, alla fornitura di acqua, luce e gas, alla gestione di un sistema di parcheggi a pagamento e così via. Data la natura dell’attività svolta, il rapporto dei cittadini con questi soggetti equivale a quello con la pubblica amministrazione e ciò vale anche per quanto concerne la presentazione di documenti e di certificati.

Dai suddetti soggetti vanno invece distinti i soggetti privati che esercitano funzioni pubbliche (come ad es. i notai), nei confronti dei quali si applicano le regole previste in generale per i rapporti tra soggetti privati.

Che cos’è la violazione dei doveri di ufficio?

Il dipendente della pubblica amministrazione si trova con quest’ultima in un rapporto giuridico, in base al quale gli spetta il dovere di compiere una determinata attività e di tenere determinati comportamenti. Il mancato adempimento, in tutto o in parte, di questa attività determina una violazione dei doveri d’ufficio, così come specificati dalle leggi, dai contratti e dal codice di comportamento dei dipendenti pubblici. Dalla violazione dei doveri di ufficio possono derivare sanzioni disciplinari nei suoi confronti, che arrivano fino all’estinzione del rapporto.

In certi casi, il comportamento omissivo del pubblico dipendente può arrivare anche a configurare la fattispecie di rifiuto od omissione di atti d’ufficio prevista dall’art. 328 del codice penale, causando quindi l’applicazione di sanzioni penali nei suoi confronti.

In che cosa consiste la responsabilità dei dipendenti che accettano le dichiarazioni sostitutive?

Per quanto concerne la responsabilità a cui può essere soggetto il funzionario competente a ricevere la dichiarazione sostitutiva, è da ricordare che, ai sensi dell’art. 73 del Testo Unico, essa non si estende mai, salvi i casi di dolo o colpa grave, alla falsità delle dichiarazioni o dei documenti prodotti. Pertanto, il dipendente che accetta le dichiarazioni sostitutive non è responsabile per l’eventuale falsità di quanto in esse dichiarato. Inoltre, il suddetto funzionario non è più obbligato ad ammonire espressamente il dichiarante sull’esistenza della responsabilità penale per quanto dichiarato (l’am­mo­ni­zio­ne deve però essere contenuta nei moduli). L’ob­bli­go del dipendente che riceve la dichiarazione sostitutiva rimane dunque soltanto quello di accettarla ed eventualmente, in quanto pubblico ufficiale, quello di denunciare all’autorità giudiziaria i reati commessi con la presentazione di dichiarazioni il cui contenuto sia risultato essere falso.

Quali sono le ipotesi di reato a cui rinvia l’art. 76 del Testo Unico?

L’art. 76, comma 1 del Testo Unico dispone che “Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente Testo Unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia”. A questo particolare riguardo, il codice penale prevede a carico dei privati diverse ipotesi di reato e specificamente la falsità materiale, ovvero la formazione di un atto falso o l’alterazione di un atto vero (art. 482 c.p.); la falsità ideologica, ovvero la falsa attestazione di aver assistito al compimento di un fatto in realtà non avvenuto o di aver ricevuto una dichiarazione in realtà non resa (art. 483 c.p.); l’uso di atto falso (art. 489 c.p.); la falsa dichiarazione sull’identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell’altrui persona (artt. 495 e 496 c.p.); l’usurpazione di titoli (art. 498 c.p.). Tali reati sono puniti, a seconda delle diverse fattispecie, con la reclusione o con una multa.

Che cos’è la trasmissione attraverso strumenti telematici di una copia fotostatica?

Tale trasmissione consiste essenzialmente nell’invio a mezzo di terminale fac-simile (telefax) del documento o di una sua fotocopia, a seguito del quale si ottiene un duplicato del documento, avente consistenza di tipo cartaceo, paragonabile a quella della semplice fotocopia. Tale modalità di trasmissione non è però l’unica possibile, perché la legge n. 59 del 1997 ed ora il presente Testo Unico riconoscono pieno valore ai documenti redatti e fatti circolare a mezzo di supporti informatici.

Qual’è la validità giuridica del documento informatico?

La legge n. 59 del 1997, all’art. 15, comma 2 prevede che “gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge”. In particolare, gli artt. 8, 9 e 10 del Testo Unico prevedono che il documento informatico, ovvero la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti, soddisfa il requisito legale della forma scritta ed ha efficacia di scrittura privata, purché abbia i requisiti previsti dallo stesso regolamento. Fra questi requisiti, in particolare, il più importante è quello della presenza della firma digitale, la quale non è la riproduzione su supporto informatico della normale firma autografa, ma una sorta di “codice” informatico, composto da una coppia di chiavi digitali asimmetriche, una pubblica e l’altra privata. Quest’ultima è nota soltanto al suo proprietario, il quale la utilizza per “codificare” i documenti che trasmette. La chiave pubblica è invece nota a tutti i potenziali destinatari del documento, i quali la utilizzano per la sua “decodificazione”. Questa è possibile soltanto se il documento è stato effettivamente contrassegnato con la chiave privata corrispondente e con questo sistema, oltre che leggere il documento informatico, ci si può anche accertare della sua effettiva provenienza.

Che cosa prevede la legge sulla tutela dei dati personali?

La legge 31 dicembre 1996, n. 675 ha disciplinato le modalità di trattamento e di tutela dei dati personali, prevedendo che esso avvenga nel  rispetto “dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità personale”. Tale legge ha previsto un regime speciale per i trattamenti effettuati dai soggetti pubblici, stabilendo che il trattamento di dati personali ordinari (ad es. il nome o la residenza) possa avvenire solo “per lo svolgimento delle funzioni istituzionali, nei limiti stabiliti dalla legge e dai regolamenti” (art. 27, comma 1), mentre quello di dati personali sensibili (ad es. le opinioni politiche o le condizioni di salute) possa avvenire “solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale siano specificati i dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite” (art. 22, comma 3 e comma 3 bis). In conseguenza di ciò, nell’utilizzo e nello scambio di certificati occorre fare attenzione a che essi non contengano dati diversi da quelli di cui è consentito il trattamento da parte dell’amministrazione che li richiede.

Che cosa accade agli estratti richiesti per le pubblicazioni di matrimonio?

Rimane ferma la possibilità di utilizzare le norme sull’autocertificazione anche per la presentazione dei documenti necessari per la pubblicazione del matrimonio. Il Testo Unico si applica dunque anche agli estratti richiesti per le pubblicazioni di matrimonio. Questi non possono più essere richiesti all’interessato ma devono essere acquisiti d’ufficio, con tutte le modalità consentite dalla legge, da parte dell’ufficiale di stato civile del Comune presso cui si avvia il procedimento relativo alla celebrazione del matrimonio.


VECCHIE E NUOVE CERTEZZE PUBBLICHE

di Gregorio Arena

Professore di Diritto Amministrativo presso l’Università di Trento

 

La doppia semplificazione

Quali sono le caratteristiche principali di questo Testo Unico? In primo luogo il fatto stesso di essere, appunto, un Testo Unico, cioè uno strumento di vera semplificazione normativa. Esistono testi coordinati, codici, etc., sia di fonte pubblica sia di fonte privata, che sono sicuramente utili per gli operatori in quanto riportano in maniera ordinata tutte le fonti normative inerenti un determinato settore, ma non costituiscono un vero strumento di semplificazione. Solo mediante un TU si può, come in questo caso è stato fatto, semplificare radicalmente le disposizioni vigenti in un settore, eliminando disposizioni ridondanti e armonizzando fra di loro tutte le altre.

Questo particolare TU, inoltre, presenta la peculiare caratteristica di essere in realtà un duplice strumento di semplificazione: da un lato di semplificazione normativa, in quanto appunto è un testo unico; dall'altro di semplificazione amministrativa, in quanto le disposizioni in esso contenute hanno come oggetto non un settore qualsiasi, ma proprio la semplificazione della documentazione amministrativa. In sintesi, si può dire che questo TU dovrebbe migliorare la vita dei cittadini e delle amministrazioni sia riducendo e armonizzando le norme vigenti in questo settore, sia (soprattutto) semplificando gli adempimenti che quelle medesime norme disciplinano.

Un ponte fra due sistemi

La seconda caratteristica significativa di questo TU riguarda la sua collocazione nel tempo e, quindi, la peculiare articolazione delle disposizioni in esso contenute.

Questo testo riordina e semplifica tutte le disposizioni vigenti in materia di documentazione amministrativa. Se fosse stato scritto trenta, venti o anche solo dieci anni fa, l'oggetto di tali disposizioni sarebbe stato sempre lo stesso: certificati, autocertificazioni, carte d'identità, registri e simili. Ma in pochissimi anni l'informatica ha prodotto cambiamenti radicali nel modo di operare delle organizzazioni, nelle norme in materia di certezze pubbliche e private, nel modo stesso di gestire le informazioni, cambiamenti di cui era indispensabile tener conto nel momento in cui si metteva mano alle disposizioni in materia.

Proprio per questo, per tener conto di questa rivoluzione il TU è redatto in modo da costituire una sorta di ponte fra il vecchio e il nuovo sistema delle certezze pubbliche: esso quindi disciplina e semplifica sia i tradizionali strumenti di certezza, come i certificati o le autocertificazioni, sia quelli che oggi sono strumenti nuovi, come la firma digitale o il documento informatico, ma che nei prossimi anni sono destinati a diventare di uso corrente per tutti.

L'ambizione di questo TU, che solo il tempo dirà se sia fondata o meno, è quella di riuscire a disciplinare efficacemente sia la fase attuale, in cui predominano ancora gli strumenti di certezza tradizionali, sia la fase di transizione dai documenti cartacei a quelli informatici, che in questi anni si sta avviando, sia il futuro nuovo regime delle certezze pubbliche, fondato in prevalenza su strumenti informatici e telematici.

Del resto l'articolazione stessa del testo rispecchia questa impostazione: a un Capo I riguardante definizioni e ambito di applicazione fanno seguito i due Capi che costituiscono il nucleo portante del TU, intitolati molto semplicemente "Documentazione amministrativa" e "Semplificazione della documentazione amministrativa"; la mancanza di distinzioni fra documentazione di tipo tradizionale e di tipo nuovo serve ad affermare anche attraverso le rubriche del TU l'unitarietà del suo oggetto, costituito al tempo stesso da documenti cartacei ed informatici.

Non sarà un passaggio facile quello dagli strumenti di certezza tradizionali ai nuovi strumenti informatici e telematici, in cui l'immaterialità dei bits trattati dagli elaboratori elettronici sembra contraddire l'idea stessa di certezza consolidatasi in secoli di procedure complesse e solenni, di pergamene, carte e timbri. Ma nell'attuale società dell'informazione è un passaggio inevitabile, che si spera possa essere facilitato dall'aver riunito e armonizzato in un unico testo normativo tutte le disposizioni riguardanti sia i vecchi sia i nuovi strumenti di certezza.

Il difficile equilibrio fra semplicità e certezza

Infine, la terza caratteristica di questo Testo Unico sta nel fatto che esso costituisce un esempio significativo della strategia di semplificazione realizzata nel decennio appena trascorso.

Semplificare vuol dire rendere semplice e chiaro ciò che si presenta invece come complesso, oscuro, difficile da dipanare e da comprendere: è una definizione che si può applicare sia alle norme, sia all'amministrazione, in quanto ci si può perdere sia nella "giungla legislativa" sia nella "giungla burocratica".

Per questo il primo intervento di semplificazione, come in questo caso, deve riguardare le norme, che si collocano a monte rispetto agli adempimenti delle amministrazioni: è difficile che queste ultime possano semplificare le proprie procedure se le regole che le disciplinano sono inutilmente complesse o difficili da interpretare. Semplificare norme e procedure vuol dire innanzitutto eliminare tutto ciò che è inutile o ridondante rispetto all'obiettivo che si vuol perseguire, sia sul piano normativo sia su quello amministrativo; è ciò che fa questo TU, abrogando diverse disposizioni ormai superate o ripetitive.

Il problema di questa modalità di semplificazione sta nel fatto che prima o poi essa incontra il limite rappresentato dall'esigenza di garantire comunque tutela a interessi pubblici e privati superiori all'interesse alla semplificazione. E infatti anche nel caso di questo TU si è dovuto operare un delicato bilanciamento fra l'interesse alla semplicità e rapidità dell'azione amministrativa (che spingeva ad adottare forme anche radicali di semplificazione) e l'interesse contrapposto alla certezza di quella medesima azione amministrativa che, in quanto finalizzata alla tutela dell'interesse generale, deve fondarsi su informazioni dotate della qualità giuridica della certezza.

L'esito di questo tipo di bilanciamento, in questo TU così come in altri interventi recenti di semplificazione, è consistito in genere nell'individuare forme di semplificazione basate non tanto sull'eliminazione di determinati documenti o passaggi procedurali, quanto sulla loro sostituzione con altri strumenti, altrettanto garantisti dal punto di vista dell'amministrazione e dei cittadini, ma assai più semplici da gestire. Un esempio concreto di questo approccio è rappresentato dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dall'acquisizione diretta di documenti fra amministrazioni: il primo caso riguarda una semplificazione mediante documenti tradizionali, il secondo una semplificazione mediante strumenti nuovi, ma la strategia è la medesima.

Autocertificazioni e oneri per le amministrazioni

Se le amministrazioni sapranno sfruttare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, il problema del bilanciamento fra semplicità e certezza sarà risolto radicalmente superando il dilemma stesso, ottenendo cioè il massimo della certezza con il massimo della semplicità. Gli strumenti tradizionali mediante i quali le amministrazioni acquisivano informazioni dotate della qualità giuridica della certezza, come per esempio i certificati, fornivano alle amministrazioni il massimo della certezza con il minimo sforzo da parte delle amministrazioni stesse, in quanto erano i cittadini a doversi procurare i certificati e poi portarli alle amministrazioni procedenti, che non facevano altro che acquisirli al procedimento. Insomma, le amministrazioni avevano al proprio servizio, gratuitamente, milioni di fattorini.

Quando le autocertificazioni finalmente furono estratte dal limbo in cui erano state confinate per decenni dall'ignavia burocratica e cominciarono ad essere usate normalmente, emerse il problema che gli economisti sintetizzano nell'espressione "non esistono pasti gratis": in altri termini, le autocertificazioni semplificano la vita ai cittadini ma la complicano alle amministrazioni, le quali se vogliono che le autocertificazioni mantengano un livello accettabile di credibilità devono fare controlli a campione su di esse. Questo comporta per le amministrazioni oneri funzionali ed organizzativi prima inesistenti, in quanto i certificati tradizionali non avevano bisogno di essere controllati: erano per così dire un "prodotto finito", mentre le autocertificazioni dal punto di vista della certezza sono un "semilavorato".

Con il sistema tradizionale fondato sui certificati erano i cittadini a farsi carico di garantire alle amministrazioni informazioni dotate della qualità giuridica della certezza; con il sistema fondato sulle autocertificazioni questo onere viene, com'è giusto, riportato in capo alle amministrazioni, le quali devono però organizzarsi per farvi fronte. Questa in effetti si potrebbe quasi definire una "legge" della semplificazione: se si riduce la complessità in una parte del sistema è inevitabile che quella complessità si riversi, totalmente o parzialmente, su un'altra parte del sistema stesso.

Il massimo di certezza con il massimo di semplicità

Ebbene, questo TU consente alle amministrazioni, se lo vorranno, di superare alla radice il dilemma semplicità-certezza ritornando alla situazione per loro ottimale del massimo di certezza con il minimo di oneri organizzativi; questa volta però facendo muovere da un'amministrazione all'altra non i cittadini (che non hanno nessuna intenzione di tornare a fare i fattorini) bensì le informazioni.

Grazie alle nuove tecnologie ed alle nuove norme in materia di documento informatico si possono eliminare gradualmente le autocertificazioni, consentendo alle amministrazioni che ne hanno bisogno di acquisire direttamente dalle banche dati di altre amministrazioni le informazioni dotate della qualità giuridica della certezza necessarie per i vari procedimenti. In un certo senso, applicando a questa vicenda l'ottica tradizionale, è come se l'amministrazione procedente si confezionasse il proprio certificato andando a prendere le informazioni necessarie direttamente dove esse sono conservate: una volta tali informazioni viaggiavano materialmente, portate da un ufficio all'altro dai cittadini mediante documenti chiamati certificati; oggi non c'è più bisogno di trasferirle dagli archivi sui certificati per poi trasferirle ad altri uffici, oggi possono viaggiare direttamente da un ufficio all'altro garantendo alle amministrazioni il massimo della certezza ed ai cittadini il massimo della semplicità.

Certo, per le amministrazioni anche questa modalità di semplificazione comporta pur sempre alcuni oneri, ma assai minori di quelli che comportano i controlli a campione sulle autocertificazioni, con in cambio il vantaggio di una garanzia assoluta per quanto riguarda la certezza delle informazioni così acquisite; inoltre l'onere organizzativo derivante dai collegamenti telematici fra le varie amministrazioni costituisce un investimento il cui costo viene più che bilanciato dai vantaggi in termini di rapidità, sicurezza e miglioramento dei rapporti con i cittadini, non più costretti ad esibire né certificati, né autocertificazioni.

In conclusione, anche da questo Testo Unico si ricava una lezione molto chiara: per semplificare, cioè per rendere semplice e facile ciò che è complesso e difficile, è necessario intervenire utilizzando un'ampia gamma di strumenti di vario genere, che vanno dalla pura e semplice eliminazione di adempimenti inutili alla sostituzione di un istituto giuridico con un altro, dall'utilizzo delle nuove tecnologie alla diffusione di informazioni, dalla partecipazione di cittadini singoli e associati alla formazione del personale, e così via. Come tutte le riforme amministrative, anche la semplificazione della nostra amministrazione è un processo difficile, complicato e che richiede un grande impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti.


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Ultimo aggiornamento: 15 febbraio 2002