Controlli efficaci nodo della
riforma
di Vincenzo Martorano
L’interconnessione tra le banche dati
pubbliche pone il problema dei danni che
informazioni false o incomplete acquisite
dagli uffici potrebbero causare su larga
scala.
Ecco perché il testo unico prevede un
sistema di verifiche, da effettuarsi a
campione o nel caso sussistano fondati dubbi
di veridicità, direttamente sulle
dichiarazioni sostitutive di certificazione
e di atto notorio
La dottrina più
autorevole sostiene da oltre un decennio che
presupposto del corretto funzionamento dei
meccanismi di semplificazione della
documentazione, e della dichiarazione
sostitutiva in particolare, è
l'articolazione di un efficace sistema di
controlli. Pur alla luce del nuovo rapporto
di fiducia instauratosi tra amministrazione
e cittadino, è sempre incombente, infatti,
l'eventualità che il dichiarante, per i più
svariati motivi - non necessariamente con
intenti fraudolenti, ma anche per ignoranza,
distrazione o incuria - fornisca
all'amministrazione procedente notizie
inesatte, imprecise o incomplete. A tale
proposito, una rilevazione effettuata l'anno
scorso dal dipartimento della Funzione
pubblica ha riscontrato la falsità dello
0,7% delle dichiarazioni sostitutive
complessivamente presentate: un dato molto
inferiore rispetto alle allarmanti cifre
riferite in alcune occasioni dalla stampa,
ma pur sempre significativo.
Esigenze di semplicità - Il
sempre più ampio ricorso
all'autocertificazione è, pertanto,
potenzialmente in grado di minare il
corretto esercizio dell'azione
amministrativa (ad esempio, mediante
l'erogazione di prestazioni non dovute in
favore di chi dichiari il falso, in danno di
chi effettivamente ne abbia diritto e, più
in generale, dell'intera collettività),
nonché di inquinare il patrimonio
informativo pubblico.
Le conseguenze dell'eventuale acquisizione,
negli archivi pubblici, di dati inesatti o
incompleti contenuti in dichiarazioni
sostitutive possono, infatti, travalicare i
confini del procedimento amministrativo
nell'ambito del quale le dichiarazioni sono
state presentate e dello stesso ufficio
pubblico che le ha accettate. Con la
progressiva informatizzazione e
interconnessione delle banche dati
pubbliche, le notizie errate potrebbero,
cioè, essere utilizzate in altri
procedimenti e, quindi, essere prese a
presupposto per l'adozione di ulteriori
atti, minacciando seriamente la correttezza
dell'azione amministrativa nel suo
complesso.
Si rende indispensabile, quindi, la ricerca
di un punto di equilibrio tra l'esigenza di
certezza e quella di semplificazione.
Entrambe sono preordinate, in ultima
analisi, alla funzionalità del sistema
amministrativo, l'una sul versante
dell'input, l'altra su quello dell'output
dell'azione amministrativa. Normalmente non
c'è conflitto tra semplificazione e
certezza: di solito, anzi, a porsi in
contrasto con quest'ultima è proprio la
complessità (normativa, burocratica o di
altro genere), che è uno dei principali
fattori di quell'incertezza che inquina i
rapporti cittadino-amministrazione e
produce, ritardi, inefficienze, diseconomie.
Nel caso specifico, vale a dire a proposito
della documentazione amministrativa, quello
che è stato definito il paradosso della
semplificazione si manifesta in relazione
all'esigenza di certezza di cui è portatrice
l'amministrazione, che necessita,
nell'ambito dei propri processi decisionali,
di informazioni certe, e all'esigenza dei
cittadini e dei soggetti economici di
semplificare al massimo gli adempimenti
burocratici in materia documentale. Entrambe
le esigenze, sebbene contraddittorie -
almeno nello specifico, come si è detto -
richiedono di essere soddisfatte, in quanto
funzionali a una maggiore efficienza del
sistema amministrativo.
Il quadro
normativo
- Fino all'emanazione del Dpr
403/1998, però, nessuna norma di legge o di
regolamento prescriveva l'attivazione di
meccanismi di controllo sulla veridicità
delle dichiarazioni sostitutive. Secondo le
disposizioni impartite dalla Presidenza del
Consiglio dei ministri successivamente
all'entrata in vigore della legge 15/1968,
le amministrazioni avrebbero dovuto, anzi,
adottare il provvedimento richiesto sulla
base delle autocertificazioni ricevute, a
meno che non si fosse ritenuto di provvedere
d'ufficio ad accertarne preventivamente la
veridicità, in presenza di «validi e seri
motivi», secondo il prudente apprezzamento
dell'amministrazione stessa, «in relazione
alla particolare delicatezza del
provvedimento da adottare».
Solo con le leggi 127/1997 e 191/1998 (che
hanno fatto venire meno pressoché
completamente l'obbligo dell'autentica della
firma apposta sulle autocertificazioni,
rendendo meno certa l'imputazione del
contenuto della dichiarazione all'autore
della stessa), è definitivamente emersa
l'indispensabilità, in funzione di
compensazione con ciò che si è perso in
termini di solennità, di meccanismi che
garantiscano una rinnovata attendibilità
dell'istituto, rendendo in ogni caso
suscettibili di verifica i dati dichiarati,
mediante l'espletamento di controlli tesi ad
assicurarne la credibilità.
Come ha sottolineato la dottrina, si assiste
a una ridefinizione dei poteri
amministrativi riservati di accertamento, in
quanto il ridimensionamento di quelli, più
tradizionali, di natura certificativa viene
controbilanciato dall'intensificarsi di
quelli di controllo. L'attività di
accertamento della sussistenza dei
presupposti e dei requisiti normativamente
previsti, dunque, si sposta nel tempo (da
preventiva a successiva).
Il Dpr 403/1998 ha stabilito, così, che le
amministrazioni siano tenute a procedere a
idonei controlli sulle dichiarazioni, sia
con interventi specifici («laddove
sussistano ragionevoli dubbi sulla
veridicità del loro contenuto») che con
procedure a campione. Il criterio della
campionatura è stato ritenuto, in
particolare, idoneo ad assicurare il giusto
contemperamento tra esigenze di verità e di
semplicità, in quanto mira a instaurare
negli interessati la consapevolezza che la
falsità della dichiarazione può essere
scoperta, con le conseguenze negative che
ciò comporta.
Le disposizioni del
Dpr 445/2000 - In ordine a tali
verifiche, il capo V (articoli 71 e 72) del
testo unico in esame riscrive la disciplina
di cui al citato Dpr 403/1998, sanando le
incongruenze riscontrate in sede di prima
applicazione e dando copertura normativa
alle indicazioni fornite in via
amministrativa dal dipartimento della
Funzione pubblica con la circolare 22
ottobre 1999 n. 8.
L'articolo 71 ribadisce, innanzitutto,
l'obbligatorietà dei controlli in questione,
sia mediante l'estrazione di un campione,
sia in tutti i casi in cui sorgano "fondati
dubbi". In altre parole, non è ammissibile
che non si proceda a effettuare verifiche a
campione solo perché non sono sorti dubbi
circa la veridicità di quanto dichiarato. Si
osservi, in ogni caso, come la nuova
formulazione qualifichi diversamente,
rispetto al passato, il dubbio («fondato» e
non più «ragionevole») che deve condurre
all'attivazione del controllo. La questione
non è solo terminologica: la disposizione in
esame sembra fissare, infatti, un requisito
diverso - più severo e meno elastico - per
l'avvio della procedura.
Indicazioni operative - In
assenza di parametri normativi di
riferimento sulla fondatezza del dubbio, è
necessario individuare degli elementi in
grado di far presupporre l'incoerenza o la
non veridicità delle informazioni e dei
dati. I suggerimenti più autorevoli forniti
sinora al riguardo (almeno con riferimento
alla ragionevolezza) concernono
l'incongruenza e la contraddittorietà tra i
dati dichiarati ovvero tra questi e le
informazioni già in possesso dell'ufficio
procedente o comunque a questo pervenute,
nonché la sussistenza di specifiche
circostanze ambientali o di elementi di
particolare rilievo che abbiano accompagnato
la presentazione della dichiarazione.
Secondo altre indicazioni, dovrà farsi
riferimento anche all'esistenza di
imprecisioni e omissioni tali da far
supporre la volontà dell'interessato di
rendere solo dati parziali o, comunque, tali
da non consentire all'amministrazione
un'adeguata e completa valutazione degli
elementi prodotti. Il dubbio dovrà, in ogni
caso, essere adeguatamente motivato e non
potrà fondarsi su generiche supposizioni.
Anche per quanto concerne i controlli a
campione, la mancanza di precise indicazioni
normative rende necessaria l'individuazione
di idonee regole procedurali. Il
dipartimento della Funzione pubblica ha già
avuto modo di precisare, in proposito, che
devono essere le singole amministrazioni
procedenti a stabilire modalità e criteri di
tali verifiche, in osservanza dei principi
di trasparenza e imparzialità, adottando
appositi atti di autoregolamentazione che
individuino anche la consistenza del
campione. Come ha affermato il ministero
dell'Interno, quest'ultimo deve avere una
consistenza numerica tale da svolgere quel
ruolo di deterrenza e di prevenzione degli
abusi al quale la legge finalizza i
controlli.
Anche se il dettato normativo ribadisce che
le verifiche possono essere esperite «anche
a campione», non si ritengono conformi al
principio di non aggravamento del
procedimento amministrativo (articolo 1,
comma 2, della legge 241/1990) e, più in
generale, di snellezza dell'attività dei
pubblici poteri, le soluzioni operative che
prevedono l'attivazione
di sistemi di controllo estesi alla
globalità delle dichiarazioni ricevute
(controlli a tappeto). Soluzioni che
producono, tra l'altro, anche gravi
conseguenze nel rapporto tra le
amministrazioni procedenti e quelle
certificanti, le quali rischiano di essere
sommerse da una miriade di richieste di
conferma, in grado di paralizzare o,
quantomeno, di rendere alquanto difficoltoso
l'esercizio delle attività di competenza
nonché - come si vedrà - di riverberarsi
negativamente per il personale che non
evadesse tempestivamente tutte le pratiche.
I controlli - Come
ribadisce il comma 1 dell'articolo 71, le
verifiche devono avere a oggetto entrambi i
tipi di dichiarazioni; solo per quelle
sostitutive di certificazione, però, vengono
dettate specifiche modalità procedurali. Il
successivo comma 2 richiama, in particolare,
quanto stabilito per le attività di
accertamento d'ufficio dall'articolo 43 e,
quindi, la consultazione diretta degli
archivi dell'amministrazione certificante
(controllo diretto), ovvero la richiesta di
conferma scritta alla medesima, anche
attraverso strumenti informatici o
telematici, della corrispondenza di quanto
dichiarato con le risultanze dei registri da
questa custoditi (controllo indiretto).
A tal fine - come
prevede il comma 1 dell'articolo 72 - le
amministrazioni certificanti sono tenute a
individuare e rendere note le misure
organizzative adottate per l'efficiente,
efficace e tempestiva esecuzione dei
controlli medesimi e le modalità per la loro
esecuzione. In ogni caso, la mancata
risposta entro 30 giorni alle richieste di
verifica costituisce, ai sensi del
successivo comma 2, violazione dei doveri
d'ufficio.
Per quanto riguarda le richieste di
controllo eventualmente avanzate dai privati
che abbiano consentito all'utilizzo, nei
rapporti tra loro, delle dichiarazioni
sostitutive, il comma 4 dell'articolo 71 si
limita a riproporre il disposto di cui
all'articolo 2, comma 1, della legge
340/2000.
Nessuna indicazione normativa è fornita,
invece, in ordine alle modalità di verifica
sul contenuto delle dichiarazioni
sostitutive dell'atto di notorietà, non
essendo state riproposte neanche le scarne
disposizioni contenute nell'articolo 2,
comma 3, dell'abrogato Dpr 403/1998. È da
ritenere, comunque, che l'amministrazione
procedente possa avvalersi, in tal caso, di
tutti i mezzi istruttori di cui dispone.
Sarà possibile, quindi, invitare
l'interessato a produrre la documentazione
privata (un contratto, una fattura e così
via) atta a valutare la veridicità della
dichiarazione; rivolgere analogo invito ai
soggetti privati che detengano le
informazioni interessate; procedere ad
eventuali visite ispettive e sopralluoghi.
Solo qualora il contenuto della
dichiarazione non sia in alcun modo
dimostrabile l'amministrazione potrà
concludere il procedimento senza espletare
il controllo.
Il verificarsi di tale circostanza
non implicherà, d'altronde, conseguenze
negative per l'amministrazione e i suoi
dipendenti. L'articolo 73 del testo unico
(che riprende l'articolo 24 della legge
15/1968) stabilisce, infatti, che essi,
salvo i casi di dolo o colpa grave, siano
esenti da ogni responsabilità per gli atti
emanati sulla base di dichiarazioni
sostitutive false ovvero contenenti dati non
più rispondenti a verità. Le ipotesi di
responsabilità saranno configurabili,
pertanto, solo quando, in presenza di
evidenti irregolarità o nella consapevolezza
della falsità della dichiarazione, il
funzionario, operando fraudolentemente o con
estrema e grave superficialità, non proceda
ad alcuna contestazione e ad alcuna
verifica.
Per quanto concerne, invece, le
responsabilità gravanti sul dichiarante in
caso di false dichiarazioni, gli articoli 75
e 76 del provvedimento normativo in esame
ripropongono quanto stabilito dal Dpr
403/1998, confermando l'applicabilità delle
sanzioni penali e della decadenza dai
benefici - economici o di altra natura -
eventualmente conseguiti medio tempore, vale
a dire nelle more del completamento delle
procedure di controllo.
Qualora le verifiche siano, invece, ultimate
prima dell'adozione dell'atto ampliativo,
non essendo logicamente configurabile alcuna
pronuncia di decadenza, si dovrà soltanto
provvedere ad escludere l'autore della falsa
dichiarazione dal procedimento
amministrativo in corso.
La regolarizzazione - Non
tutte le difformità riscontrate, in sede di
controllo, tra il contenuto della
dichiarazione e i dati comunicati
dall'amministrazione certificante devono,
però, condurre ad avviare le richiamate
procedure sanzionatorie. Il dichiarante
potrebbe, infatti, aver fornito informazioni
non precise a causa di un errore scusabile.
A tale proposito, l'articolo 71 introduce,
al comma 3, una fondamentale prescrizione di
carattere innovativo, secondo cui, qualora
le dichiarazioni presentino delle
irregolarità o delle omissioni rilevabili
d'ufficio, non costituenti falsità, il
funzionario competente è tenuto a informare
l'interessato, invitandolo alla
regolarizzazione o al completamento. In
mancanza, il procedimento non ha seguito.
Il problema principale consiste, ovviamente,
nella distinzione, non sempre agevole, tra
falsità sanzionabile e irregolarità
sanabile. Come ha avuto modo di affermare in
passato il ministero dell'Interno, per
dichiarazione irregolare deve intendersi
quella affetta da inesattezze che attengono
a elementi non essenziali, e quindi non
indispensabili, ai fini della formazione del
provvedimento finale.
Fattispecie particolari -
Sempre secondo il testo unico, il problema
dei controlli si pone anche nell'ambito di
altri due istituti di semplificazione della
documentazione. Ci si riferisce, in
particolare:
·
all'articolo 41,
comma 2, in tema di utilizzo di certificati
oltre il termine di validità;
·
all'articolo 45,
comma 1, sull'esibizione di documenti
d'identità o di riconoscimento.
Si noti, però, come in
entrambi i casi le amministrazioni non
abbiano l'obbligo ma solo la facoltà di
attivare le procedure di verifica. Soluzione
normativa che pone qualche perplessità, data
la sussistenza, nelle fattispecie citate da
ultimo, delle medesime esigenze di certezza
ravvisabili nelle ipotesi di presentazione
delle dichiarazioni sostitutive.
Occorre ricordare, in conclusione, che
alcune normative di carattere speciale,
disciplinanti determinati settori dell'agire
pubblico, nel confermare le possibilità di
impiego delle autocertificazioni, regolano
in maniera
peculiare gli aspetti relativi al controllo
sulla veridicità delle stesse o, comunque,
prospettano al riguardo problematiche in
parte differenti rispetto a quelle esaminate
in via generale.
Come presentare le
dichiarazioni
I l testo unico innova
sensibilmente il regime della presentazione
di istanze e dichiarazioni alle
amministrazioni pubbliche e ai gestori di
servizi pubblici. La semplificazione, in
particolare, è una delle più rilevanti
dell'intero provvedimento, comportando
addirittura un capovolgimento dei principi
rinvenibili nella previgente normativa.
In precedenza,
infatti, la regola generale stabiliva la
necessità di procedere, con le modalità di
cui all'articolo 20 della legge 15/1968,
all'autentica della firma apposta su istanze
e dichiarazioni, regola cui erano state
apportate delle eccezioni con i
provvedimenti che portano il nome del
ministro Bassanini. Ci si riferisce, in
particolare:
·
all'articolo 3, comma 5, della legge
127/1997, sul divieto di richiedere
l'autenticazione della sottoscrizione delle
domande di partecipazione a concorsi
pubblici e a esami per il conseguimento di
abilitazioni, diplomi o titoli culturali;
·
all'articolo 3, comma 10, della medesima
legge 127/1997, concernente l'abrogazione
dell'autentica della firma sulle
dichiarazioni sostitutive di certificazione;
·
all'articolo 3, comma 11, della legge
stessa, sulla possibilità di evitare, per le
istanze da produrre alle pubbliche
amministrazioni, la formale autenticazione
apponendo la firma davanti al dipendente
addetto ovvero allegando all'istanza
medesima fotocopia di un documento
d'identità del sottoscrittore;
·
all'articolo 2, comma 11, della legge
191/1998, che ha consentito di estendere
tale ultimo meccanismo anche alle
dichiarazioni sostitutive dell'atto di
notorietà incluse nelle istanze o, comunque,
a esse funzionalmente collegate.
Il combinato disposto
degli articoli 21 e 38 del testo unico
stabilisce ora, invece, che di norma
l'autenticità della sottoscrizione di
qualsiasi istanza o dichiarazione
sostitutiva di atto notorio è garantita
mediante l'apposizione della stessa in
presenza del dipendente addetto, ovvero
attraverso la contestuale presentazione di
una fotocopia non autenticata di un
documento d'identità del sottoscrittore
medesimo. Vengono generalizzate, quindi, le
modalità alternative di presentazione
indicate in precedenza. Resta invariato il
regime d'esenzione dall'autentica per le
istanze di partecipazioni a concorsi ed
esami (disciplinato adesso dall'articolo 39
del testo unico) e per le dichiarazioni
sostitutive di certificazione.
Le modalità di
autenticazione formale sopravvivono, nel
vigente ordinamento, solo come eccezione al
richiamato nuovo principio generale, per i
casi in cui l'istanza e la dichiarazione
sostitutiva dell'atto di notorietà siano
presentate al fine della riscossione da
parte di terzi di benefici economici ovvero
siano prodotte a soggetti diversi dalle
pubbliche amministrazioni e dai gestori di
servizi pubblici. Soltanto per queste
ipotesi l'articolo 21, comma 2, del testo
unico prevede che l'autenticazione sia
redatta da notaio, cancelliere, segretario
comunale, dipendente addetto a ricevere la
documentazione o altro dipendente incaricato
dal sindaco, con l'osservanza delle stesse
formalità
già prescritte dall'abrogato articolo 20
della legge 15/1968.
Istanze e
dichiarazioni dirette alle amministrazioni e
ai gestori di pubblici servizi, inoltre,
sono considerate validamente sottoscritte
nei casi in cui esse siano inviate per via
telematica, a condizione che sia impiegata
la firma digitale ovvero che l'interessato
sia identificato con l'uso della carta
d'identità elettronica (articolo 38, comma
2, richiamato dall'articolo 21).
Da un'analisi
letterale delle disposizioni in esame,
analogo rilievo non può essere riconosciuto,
invece, agli atti trasmessi, sempre per via
telematica, senza gli accorgimenti di cui
sopra e a quelli inoltrati tramite telefax.
Il ricorso a tali modalità è, d'altronde,
espressamente consentito dall'articolo 38,
commi 1 e 3. Occorre ritenere, pertanto, che
fax e posta elettronica (quest'ultima senza
l'ausilio di firma digitale e/o carta
d'identità elettronica) possano essere
validamente utilizzati solo per la
trasmissione di istanze di partecipazione a
concorsi ed esami e di dichiarazioni
sostitutive di certificazione, la cui
sottoscrizione non è soggetta - come si è
visto in precedenza - ad alcuna formalità.
Appare indispensabile, comunque, un
chiarimento sul punto, data l'equivocità di
una normativa che - così come attualmente
formulata - da un lato ammette l'impiego di
determinati strumenti tecnici e, dall'altro,
ritiene gli stessi non idonei a garantire
l'autenticità della sottoscrizione, limitandone
di molto l'utilità nell'ambito del
procedimento amministrativo. (V.M.)
Le eccezioni alla
regola
Dlgs 109/1998
e Dlgs 130/2000
|
Procedimenti di
erogazione di prestazioni sociali
agevolate (cosiddetto riccometro)
|
Legge
109/1994
(cosiddetta Merloni)
|
Procedimenti di
aggiudicazione di lavori pubblici
|
Dpr
447/1998
|
Procedimenti di
autorizzazione alla localizzazione,
realizzazione, ampliamento,
ristrutturazione e riconversione di
impianti produttivi (cosiddetto
sportello unico)
|
Legge
21/1990
|
Procedimenti di
ammissione al gratuito patrocinio
|
|